Bertolucci analizza il rientro di Berrettini: il romano non è al top, ma ha ancora tempo per ritrovarsi. Decisivi i giorni in vista del Tokyo Open.
Diciamoci la verità: non è stato un rientro da sogno. Il punto è che Matteo Berrettini ci ha abituati troppo bene – ricordate di quando, nel 2022, di ritorno da un infortunio fece doppietta secca vincendo a Stoccarda e al Queen’s? – e che non ci aspettavamo nulla di quello che, invece, è purtroppo accaduto all’Atp 250 di Hanghzou.

Matteo, come noto, ha incassato un ko al primo turno contro il ceco Dalibor Svrcina, entrato in tabellone per il rotto della cuffia, come lucky loser, e numero 99 del ranking. Uno 0-2 netto (6-3 6-3) che ha fotografato nel modo più fedele possibile le difficoltà di un giocatore che, evidentemente, ma del resto sarebbe stato strano il contrario, è ancora lontano dalla sua forma migliore.
In queste circostanze, tuttavia, per quanto possa essere difficile, bisogna vedere il bicchiere mezzo pieno. Tre mesi senza giocare sono tanti ed è vero, sì, che avrebbe potuto vincere, ma che non era poi così scontato che accadesse. E lo sa bene Paolo Bertolucci, che, in mezzo ad un mare di critiche e di polemiche all’indirizzo del tennista romano, ha voluto spezzare una lancia in suo favore e fornire una prospettiva diversa rispetto a quanto accaduto nei giorni scorsi in Cina.
Giorni di fuoco per Berrettini
L’ex tennista ha invitato tutti alla calma, allontanando per ora le ipotesi più pessimistiche: “Sappiamo che la situazione non è facile – ha saggiamente osservato – ma Berrettini non ha 35 anni”. “Certo è che se fisicamente e mentalmente non è a posto – ha aggiunto – c’è il rischio che siamo nella fase discendente della carriera“.

Un discorso che spiega bene il momento delicatissimo di Berrettini, fermo da quasi quattro mesi e con pochissimi match nelle gambe in questo tribolato 2025. “Chi pensava che al rientro potesse far vedere una buona qualità è un illuso. È normale che si faccia una fatica pazzesca. Ciò che conta è che abbia risolto i problemi fisici. Ma se non giocherà almeno una decina di partite è utopia pura pensare di vederlo esprimere un tennis di un certo livello”.
“Per certi versi – ha detto ancora al Corriere dello Sport – per Matteo sarebbe meglio giocare le qualificazioni, così da disputare più incontri. Entrando nel main draw, invece, rischia di giocarne uno solo a settimana. Detto questo, non va dimenticato che al rientro bisogna andarci con i piedi di piombo perché ingolfandosi di troppe partite c’è la paura di un nuovo infortunio. Solamente lui e il suo preparatore sanno cosa fare”. Un’analisi lucida che lascia pochi margini di fraintendimenti: il tempo stringe e non ci sono scorciatoie. Ora il calendario segna l’appuntamento con il Tokyo Open, tra una settimana esatta. Sette giorni che possono valere tantissimo, forse tutto, per capire se Berrettini è pronto a rilanciarsi davvero o se le parole di Bertolucci suonano già come un campanello d’allarme.





