Non solo talento: il vero punto di forza del team Sinner è una chimica speciale, un mix che funziona sia dentro che fuori dal campo.
Squadra che vince non si cambia. Ne sa qualcosa Jannik Sinner, che nei giorni scorsi, dopo quasi un anno, ha reintegrato nel suo team uno dei professionisti che lo avevano accompagnato per mano verso il suo primo titolo del Grande Slam e verso la vetta del ranking Atp. Umberto Ferrara è tornato ad essere il suo preparatore atletico perché per l’azzurro, evidentemente, non c’era nessuno che fosse realmente alla sua altezza.

Così come, ai suoi occhi, non c’è nessun allenatore che possa reggere il confronto con i due coach che lo affiancano, Simone Vagnozzi e Darren Cahill. Due tecnici che non potrebbero essere più diversi di così ma che gli danno, ognuno secondo la propria personalità, tutto quello di cui il campione di Sesto Pusteria ha bisogno. I consigli giusti, le rassicurazioni, gli incoraggiamenti.
Ecco perché il numero 1 del mondo sta facendo di tutto, in questo momento, per evitare di perdere del tutto il prezioso aiuto dell’australiano, che all’inizio dell’anno aveva fatto sapere che al termine della stagione sarebbe andato in pensione. Il rapporto che si è instaurato con Jannik, tuttavia, dovrebbe averlo persuaso del fatto che non sia ancora tempo di mollare gli ormeggi: ci sono tanti altri traguardi da tagliare, ancora, per cui è probabile che resti ben oltre la scadenza che si era prefissato.
La chimica segreta del team Sinner: sintonia perfetta con Cahill e Vagnozzi
Ecco, Vagnozzi e Cahill sono, senza ombra di dubbio, la forza del fenomeno di San Candido, già 4 volte campione Slam. Così come, d’altra parte, è preziosissimo per il suo bene il rapporto che i due coach hanno instaurato l’uno con l’altro.

Quanto si stimino emerge chiaramente dalle dichiarazioni che il tecnico italiano ha rilasciato, nei giorni scorsi, in un’intervista rilasciata all’Atp: “Devo dire che sono molto fortunato ad aver incontrato una persona come Darren, sia dal punto di vista professionale che personale. Abbiamo avuto subito un’ottima sintonia – ha confermato – e questo ci ha aiutati nel nostro percorso. Non è mai facile trovare quella chimica, ma abbiamo sempre messo al primo posto l’interesse di Jannik“.
“In pratica abbiamo ruoli diversi: io sono responsabile degli aspetti più tecnici e tattici, mentre lui si occupa più della parte mentale ed emotiva. Ovviamente – ha concluso – condividiamo tutto e la cosa più importante è che il giocatore senta sempre una voce unitaria”. E dal modo in cui Jannik è legato a loro, tutto si può dire tranne che non abbiano fatto un lavoro egregio.





