Il Grande Torino e gli altri disastri aerei nello sport

Dalla tragedia di Superga, che falcidiò il Grande Torino, all’incidente della Chapecoense a Medellín, in Colombia: i disastri aerei nello sport.

Alle 17:03 del 4 maggio 1949 l’aeroplano che trasportava il Grande Torino dopo una partita a Lisbona si schiantò contro il muraglione situato nella parte posteriore della basilica di Superga, a Torino. La tragedia dominò le prime pagine dei giornali di mezzo mondo ed ebbe vastissima risonanza. Le cause dell’incidente furono attribuite alla scarsa visibilità e a un malfunzionamento delle strumentazioni di bordo.

In pochi istanti e senza alcuna possibilità di prevedere la sciagura la squadra italiana più celebrata e apprezzata nella storia del calcio terminò tragicamente la sua storia. Tragedie simili a questa segnarono negli anni successivi anche l’epilogo della storia di altre squadre di calcio e di altre discipline sportive.

La fine del Grande Torino nella tragedia di Superga

Alla fine degli anni Quaranta il Grande Torino era già da tempo considerata una delle più forti squadre di calcio in circolazione in Europa e nel mondo. Trascinato da calciatori formidabili come l’attaccante Valentino Mazzola, la mezzala destra Ezio Loik e il mediano Giuseppe Grezar, aveva vinto quattro scudetti di fila e una Coppa Italia.

All’inizio di maggio del 1949, nelle ultime giornate di un campionato che si apprestava a vincere, il Torino volò in Portogallo per disputare una partita amichevole contro il Benfica. Era una manifestazione organizzata in onore del capitano della squadra portoghese, Francisco Ferreira, che aveva annunciato l’addio al calcio. Il Torino perse 4-3, era il 3 maggio.

Nel pomeriggio del giorno dopo, in viaggio da Lisbona, l’aeroplano che trasportava il Grande Torino, con trentuno persone a bordo, attraversò una nebbia fittissima in prossimità dell’arrivo. Probabilmente ingannato da un malfunzionamento dell’altimetro il pilota calcolò male la distanza dal suolo, giudicandola molto al di sopra delle poche centinaia di metri in cui si trovava alle 17:03.

L’aereo si schiantò contro il muraglione sul retro della Basilica del colle di Superga: nessuna delle persone a bordo riuscì a sopravvivere. Oltre 600 mila persone presero parte ai funerali, svolti il 6 maggio al Duomo di Torino.

I funerali del Grande Torino (foto: Wikimedia Commons, licenza CC0 1.0)

Manchester United: il disastro aereo di Monaco di Baviera

Nel 1958 il Manchester United era noto per aver vinto il campionato inglese nei due anni precedenti, sotto la guida dell’allenatore Matt Busby. Una squadra composta da giocatori molto giovani, la cui età media era di 24 anni, aveva battuto la concorrenza di squadre ben più accreditate. Scoperti dall’allenatore della seconda squadra Jimmy Murphy, i “Busby Babes” legarono purtroppo il loro nome anche alla tragedia che fece perdere la vita a otto di loro.

Alle 15:04 del 6 febbraio 1958, durante una sosta programmata all’aeroporto di Monaco di Baviera, l’aereo che trasportava il Manchester United da Belgrado si schiantò contro una casa e prese fuoco. Aveva tentato per due volte di decollare dalla pista, in parte innevata. Delle 44 persone a bordo ne morirono 23, inclusi otto giocatori e otto giornalisti. Il Manchester United tornava da una partita di Coppa dei Campioni pareggiata 3-3 contro la Stella Rossa.

Gli Old Christians Club di rugby sopravvissuti sulle Ande

Il 13 ottobre 1972 l’aereo che trasportava la squadra di rugby uruguaiana Old Christians Club, diretta in Cile per una partita, precipitò nelle Ande in Argentina. C’erano a bordo 45 persone, molte delle quali giocatori e membri della squadra. Bloccati a un’altezza di oltre 3 mila metri 16 passeggeri dei 45 a bordo riuscirono a sopravvivere per 72 giorni prima che i soccorsi li individuassero e trassero in salvo. Questa storia ispirò il libro “La storia dei sopravvissuti sulle Ande”, di Piers Paul Read, e il film Alive, diretto nel 1993 da Frank Marshall.

Inizialmente sopravvissero al disastro areo sulle Ande 27 persone, che trovarono riparo nelle parti dell’aeroplano rimaste integre. Otto di loro rimasero uccisi in seguito a una valanga che si abbatté sulla fusoliera circa due settimane dopo lo schianto. Due persone tra le ultime 16 sopravvissute lasciarono a piedi l’area del disastro e camminarono per dieci giorni in cerca di aiuto. La loro decisione fu essenziale per dirigere i successivi soccorsi.

Il memoriale sul luogo del disastro aereo delle Ande, fotografato nel 2006 (foto: Wikimedia Commons, licenza CC0 1.0)

La fine della squadra di football della Marshall University

Il 14 novembre 1970 l’aereo che trasportava la squadra di football americano della Marshall University precipitò in West Virginia, mentre sorvolava l’aeroporto della Tri-State. La collisione contro la punta di alcuni alberi precedette lo schianto contro una vicina collina. Morirono tutte le 75 persone a bordo, in quello che è ricordato come il più grave disastro aereo nella storia sportiva americana.

Trentotto giocatori della Thundering Herd, la squadra della Marshall University, morirono nello schianto. Da questa tragedia fu tratto nel 2006 il film We Are Marshall.

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La squadra di basket dell’Università di Evansville

Mentre decollava dall’aeroporto di Evansville, in Indiana, l’aereo che trasportava la squadra di basket universitaria della città si schiantò nella sera del 13 dicembre 1977. A causare l’incidente fu la scarsa visibilità dovuta alla nebbia fitta e alla pioggia incessante. Tutti i giocatori della squadra morirono nell’incidente, e anche il loro allenatore Bobby Watson, al suo primo anno da allenatore della squadra.

Il disastro aereo dell’Alianza Lima

La squadra di calcio peruviana dell’Alianza Lima morì tragicamente l’8 dicembre 1987 di ritorno dalla città di Pucallpa, dove aveva disputato una partita in trasferta. L’aereo su cui volava precipitò al largo del porto di Callao per un errore del pilota e una inadeguata manutenzione del velivolo. Morirono sedici giocatori e l’allenatore, tra le 44 persone a bordo. Sopravvisse soltanto il pilota, Edilberto Villar, dopo essere rimasto oltre undici ore in mare.

La fine della nazionale di calcio dello Zambia

Il 27 aprile 1993 un aereo dell’aeronautica miliare zambiana con a bordo quasi tutta la nazionale di calcio precipitò nell’oceano Atlantico, in Gabon. La nazionale era diretta a Dakar per disputare una partita delle qualificazioni al Mondiale USA 1994 contro il Senegal. Tutte le trenta persone a bordo morirono nell’incidente, probabilmente dovuto a un errore umano unito a un malfunzionamento dei motori. Non era su quell’aereo il capitano della nazionale zambiana, Kalusha Bwalya, impegnato con la sua squadra di club, il PSV Eindhoven, e nemmeno Charles Musonda dell’Anderlecht, infortunato.

Il disastro aereo della Chapecoense, in Colombia

Diretta a Medellín, in Colombia, dove avrebbe giocato la finale della Coppa Sudamericana contro la squadra locale dell’Atlético Nacional, la squadra brasiliana della Chapecoense non giunse mai a destinazione, il 28 novembre 2016. Imbarcati su un aereo di linea decollato dall’aeroporto di Viru Viru, in Bolivia, diciannove giocatori risultarono tra le 71 persone morte nell’incidente. Insieme a loro morirono, tra gli altri, allenatori e dirigenti della squadra, oltre a giornalisti, altri accompagnatori e membri dell’equipaggio.

Soltanto sei persone riuscirono a salvarsi, e tre di loro erano calciatori: Alan Luciano Ruschel, Jacson Ragnar Follmann e il difensore Helio Zampier Neto, estratto vivo da sotto i rottami. Un quarto giocatore inizialmente sopravvissuto all’incidente, il portiere Marcos Danilo, morì in ospedale per le ferite riportate.

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