Jannik Sinner racconta le sfide difficilissime che ha affrontato per trasformarsi in campione, dalla delusione iniziale alla vetta del ranking Atp.
Si fa presto a pensare che il talento di per sé sia sufficiente. Quello è un ottimo biglietto da visita, un buon punto di partenza, certo, ma non è tutto. Non è, da solo, garanzia di successo. Men che meno nel tennis, considerando che i giocatori devono fare affidamento solo su se stessi e che al loro fianco non c’è nessuno, in campo, quando le cose si mettono male.

Se c’è una cosa realmente in grado di fare la differenza nel circuito, dunque, quella è, senza ombra di dubbio, la forza mentale. Quella stessa forza che ha fatto sì che Jannik Sinner scalasse la classifica alla velocità della luce, fino a diventare, ormai più di un anno fa, il nuovo numero 1 del tennis mondiale. Se avesse avuto solo dei colpi eccellenti, oggi non sarebbe lì. Ecco spiegato, quindi, perché tutti, indistintamente, ammirino la sua tenacia, la sua resilienza, doti che non appartengono a molti dei suoi colleghi.
Non è solo talento e tecnica, dunque: la sua forza mentale è uno dei fattori chiave che lo hanno portato a trionfare a Wimbledon, nonostante il trauma, peraltro recente, della finale persa al Roland Garros, dove aveva avuto dei match point a disposizione senza riuscire a concretizzarli. In un’intervista al Corriere dello Sport, Sinner ha raccontato quanto lavoro ci sia dietro la sua capacità di mantenere un atteggiamento positivo.
La trasformazione mentale di Sinner
Innanzitutto ha voluto sfatare, una volta per tutte, il mito del talento “naturale”. “Non è nulla di naturale – ha osservato – c’è tanto lavoro dietro”.

“Prima devi accettare i tuoi difetti – ha aggiunto subito dopo, motivando meglio la sua teoria – e io all’inizio ho fatto fatica, perché pensavo di essere forte, e invece non lo ero. E ci abbiamo lavorato tanto sopra, con Riccardo Ceccarelli (il pioniere di Formula Medicine, il programma seguito da molti piloti e anche da Jannik, ndr), stiamo lavorando già da anni insieme, mi aiuta. Ovviamente la differenza deve farla l’atleta, ma c’è tanto lavoro dietro».
E quando gli è stato chiesto quali fossero i suoi difetti, Sinner non ha indugiato: “Non essere paziente, voler fare subito tutto in uno. E invece non è questa la soluzione: devi sempre lavorare da un dettaglio all’altro e poi mettere pian piano insieme tutti i pezzi del puzzle”.





