C’è un gesto, apparentemente secondario, che rivela in tutto e per tutto l’essenza più autentica di Jannik Sinner: ecco perché ha così tanto valore.
La grandezza di un campione non si evince solo ed esclusivamente dal numero di vittorie che ha collezionato, oppure dai titoli del Grande Slam che ha messo in tasca. La si può benissimo misurare in altri modi ancora: dallo spirito di sacrificio, per esempio, dall’abnegazione, dalla voglia che si ha di migliorarsi sempre e comunque.

Che Jannik Sinner sia un grandissimo stacanovista lo sapevamo, ma qualche ora fa ne abbiamo avuto un’ulteriore conferma. Conferma che è arrivata da Cincinnati, dove il numero 1 del mondo è impegnato in questo momento e sul cui campo cercherà di mettere la sua firma su un nuovo successo. L’ultimo avversario ad essere passato sotto le sue grinfie è stato Gabriel Diallo, battuto in due set dal fenomeno altoatesino. Che non era però, ad onor del vero, nella sua forma migliore.
Il campione di San Candido non ha sofferto, intendiamoci, ma in qualche occasione ha tentennato e non è stato incisivo come al solito. Cosa normalissima, non essendo lui un robot. Quanto meno ai nostri occhi, perché ai suoi, evidentemente, no. E lo si evince chiaramente da quello che ha fatto una volta archiviata la pratica Diallo. Anzi, proprio mentre ancora esultava per aver finalmente segnato il punto della vittoria, a riprova di quanto Jannik sia diverso da tutti.
Un gesto che racconta meglio di mille parole chi è davvero Jannik Sinner
Nonostante il caldo, nonostante l’ora tarda e le energie spese per vincere il match, che gli è valso l’accesso agli ottavi di finale del Masters 1000 di Cincinnati, c’era una cosa ancora che Sinner doveva fare.

Nel momento in cui celebrava la sua vittoria, il numero 1 del ranking Atp si è rivolto al suo staff, chiedendo che qualcuno prenotasse un campo. Voleva allenarsi ancora, nonostante fosse stato in campo e avesse appena vinto un match. Il suo intento, secondo quanto riferiscono i principali quotidiani sportivi, era quello di allenare il servizio, colpo in cui in quel momento riteneva, evidentemente, di non aver brillato.
Non è la prima volta che Jannik fa una cosa del genere: la sua fame di perfezione lo ha spesso spinto, in passato, a tornare in campo subito dopo un match, per affinare alcuni dettagli e migliorarsi sempre di più. Ed è un modus operandi senza dubbio ammirevole, chiaramente indicativo di quanto a volte il talento da solo non basti, se non accompagnato da dedizione, disciplina e attitudine al lavoro.





