All’All England Club ha realizzato il sogno di una vita: meritava un finale diverso, ma la vincitrice morale di Wimbledon resta comunque lei.
Sarebbe scoppiata a ridere, molto probabilmente, se, qualche tempo fa, qualcuno le avesse detto che sarebbe presto entrata nel tabellone principale di Wimbledon. Non ci avrebbe creduto nemmeno lei: è una di quelle cose talmente belle, del resto, da sembrare destinate a rimanere chiuse a chiave nel cassetto dei desideri.

Carson Branstine, tuttavia, quella chiave l’ha trovata ed è riuscita ad aprire ancor prima del tempo il cassetto che conteneva tutti i suoi sogni. E uno di essi, solo il primo di una lunga serie, lo ha già realizzato. Il 2025 le ha portato in dono l’accesso, il primo in assoluto, al main draw di uno dei quattro tornei del Grande Slam. Quindi, indipendentemente da come si concluderà la stagione in corso, la bella tennista statunitense (è californiana, ma in campo rappresenta il Canada) può già dire di aver vinto qualcosa di preziosissimo: la possibilità di vedere concretizzato, appunto, il sogno di una vita.
Che poi il destino l’abbia presa in giro, apparecchiando in maniera tale che al primo turno incontrasse nientepopodimeno che Aryna Sabalenka, beh, quello è un altro paio di maniche. E col senno di poi non tutti i mali vengono per nuocere: ai debuttanti queste partite, ostiche e dal risultato già scritto, servono più di qualsiasi altro allenamento. Magari, quindi, col senno di poi, saprà addirittura trovare giovamento da questa sconfitta, arrivata al primo turno dello Slam britannico.
C’era una volta una (bellissima) rider: la favola di Carson conquista i tifosi
Che poi sì, è vero che la tigre bielorussa l’ha messa ko in quattro e quattr’otto, ma è altrettanto vero che in un mondo giusto la finale di Wimbledon sarebbe tutta da riscrivere.

Sembrerebbe essere proprio la magnetica Carson, infatti, la vera vincitrice morale di questa edizione dei Championships. Ovunque non si parla d’altro che di lei, del fatto che abbia raggiunto il successo e il circuito maggiore dopo aver lavorato, per tanto tempo, come rider, per potersi mantenere e per non dover rinunciare al suo desiderio di una carriera nello sport.
Non ce ne vogliano, dunque, le protagoniste più agguerrite di Wimbledon se noi, oggi, scegliamo di consegnare a lei una corona virtuale, quella di reginetta ad honorem dell’All England Club. Chi altri, del resto, può dire di avere alle spalle una storia emblematica – che sarà d’esempio a tanti – come la sua?





