Musetti, sentenza spietata: “È tutto provvisorio”

Musetti, c’è qualcuno che pensa che il successo del tennista carrarino possa essere solo provvisorio: l’allarme e le dichiarazioni.

Quando gioca dando il meglio di sé, senza fretta e senza indugi, Lorenzo Musetti fa delle autentiche magie. Il suo modo di giocare è bello, bellissimo. È dotato di un talento assolutamente strepitoso ed è capace di variare così tanto i suoi schemi che anche il tennista più esperto tentennerebbe al suo cospetto.

Musetti
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Lo abbiamo visto ad Amburgo, quando Carlos Alcaraz è caduto in finale sotto i colpi di bacchetta – racchetta, pardon – del carrarino e lo abbiamo visto anche a Napoli, con Matteo Berrettini che ha dovuto faticare tanto per tenere il suo stesso ritmo. Segno che ha davanti a sé un futuro più che roseo.

E se il pubblico italiano, finora, non si è fidato troppo di lui, per colpa del suo rendimento discontinuo, il trionfo sul Centrale di Mergellina ha repentinamente cambiato le carte in tavola. Il che, a detta di qualcuno, potrebbe da qui a breve rappresentare un problema. Un problema bello grosso.

Musetti, Bertolucci storce il naso: “Troppa fretta”

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Non ce ne sono molti di personaggi autorevoli che hanno tutto il diritto di sentenziare sul tennis e sui tennisti, ma la leggenda azzurra Paolo Bertolucci fa senz’altro parte di questa cerchia. Ed è stato proprio lui, nelle ore scorse, a lanciare l’allarme. Ad invitarlo alla prudenza, se vogliamo.

“Lorenzo sta crescendo bene – ha detto a Repubblica – ma sono spaventato dalle attese che ci sono su di lui. Vince, ed è un fenomeno. Ma se perde, non è da corsa. Tutto sbagliato, Musetti e il suo coaching staff vadano dritti per la loro strada, che è quella giusta, io personalmente detesto questa fretta nell’emettere giudizi dimenticando che si parla di un ragazzino di appena venti anni che ha bisogno di tempo”.

Non è finita qui. Non se la sente ancora di cantare vittoria, Bertolucci. Tant’è che quando gli è stato chiesto dove pensa che Musetti possa arrivare ha così risposto: “Le prime somme si tirano dopo tre anni nel circuito: se non hai giocato 180-200 partite è tutto provvisorio, insomma è come se fossi al liceo, da lì in poi si entra  all’università del tennis”.

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