Doping Sinner, annuncio ufficiale: parla la Wada.
Le date del 16 e del 17 aprile segneranno inevitabilmente una svolta nella vita e nella carriera di Jannik Sinner. Saranno quelli i giorni in cui l’attuale numero 1 del tennis mondiale dovrà comparire davanti al Tas di Losanna e scoprire, dopo un calvario durato un anno, cosa ne sarà di lui. In che modo il fatto che tracce infinitesimali di Clostebol siano state rinvenute nel suo organismo inciderà, eventualmente, sul suo futuro.

Sembra ormai assodato che il problema non sia tanto la sostanza dopante in sé, il cui quantitativo, appunto, era talmente basso da lasciare presupporre che l’azzurro non l’abbia assunto per avere una marcia in più. Il problema, semmai, è a monte. Ciò che l’Agenzia mondiale antidoping contesta al fenomeno altoatesino è la presunta leggerezza che avrebbe commesso mentre il suo ex fisioterapista e il suo ex preparatore atletico combinavano, a sua insaputa, un gran bel pasticcio.
Nel mirino della Wada ci sarebbe, infatti, il fatto che l’atleta di San Candido non abbia sorvegliato a sufficienza – forse perché si fidava incondizionatamente dei membri del suo team – sull’operato dei professionisti che gli stavano attorno. E, alla luce di questo, l’Agenzia avrebbe rilasciato delle dichiarazioni al media polacco Sport.rp che “suonano” come un’anticipazione di ciò che sarà.
Sinner, la parola alla Wada: “Attenzione alle responsabilità”
Il presidente della Wada Witold Bańka si è espresso, innanzitutto, sulle similitudini tra i casi di Sinner e di Iga Swiatek. “Si tratta di due casi completamente diversi che non possono essere confrontati”.

“Altre sono le sostanze (clostebol e trimetazidina) così come le circostanze – ha osservato il numero 1 dell’Agenzia mondiale antidoping – Abbiamo preso entrambe le decisioni dopo aver consultato un esperto esterno. La procedura Wada è stata la stessa rispetto a qualsiasi altro caso disciplinare”.
“Non ci chiediamo se Sinner abbia deliberatamente violato le misure di doping – ha aggiunto – ma prestiamo attenzione alla responsabilità dell’atleta per le azioni del suo staff. L’atleta professionista è anche responsabile delle attività dello staff e di tutto il protocollo antidoping. Un’altra cosa è la traccia di concentrazione di trimetazidina nel farmaco con melatonina e un’altra cosa una sostanza somministrata da un membro dello staff del giocatore. L’unica cosa che unisce questi due casi è che stiamo parlando dei due migliori tennisti del mondo”. Condizione che potrebbe non essere sufficiente, tuttavia, a “salvarlo” dalla squalifica paventata.