Paolo Rossi e quella scommessa vinta da Bearzot nel 1982

Paolo Rossi ci lascia all’età di 64 anni. Una carriera memorabile, la sua, che fu però macchiata, nel 1980, dallo scandalo delle scommesse clandestine. Ecco cosa accadde.

Il 2020 ci ha portato via anche lui: Paolo Rossi, campione del mondo nell’82 e terzo calciatore italiano a vincere il Pallone d’Oro. Se n’è andato così, a 64 anni, stroncato da un tumore ai polmoni. Dopo una vita costellata da successi e trofei ma anche macchiata, ad un certo punto, da un episodio che lo segnò per sempre.

Era il 1980. Due anni prima di quello che poi sarà, come ben sappiamo, il momento più alto della sua carriera. Ed erano anche i tempi del “Totonero” , il primo vero scandalo del calcioscommesse che si abbatté come un ciclone sulla serie A e sulla serie B. L’inchiesta coinvolse sia dirigenti che giocatori, accusati di truccare i match per favorire un giro di scommesse clandestine.

Anche Paolo Rossi finì nel mirino. Per lui fu una mazzata, nel vero senso della parola. L’accusa di aver concordato, nella stagione ’79-’80, il pareggio della partita Avellino-Perugia, lo costrinse a restare lontano dal suo amato rettangolare per ben due anni. Una squalifica che non riuscì mai a mandare giù e contro la quale si professò sempre innocente.

Paolo Rossi, dal Totonero alla Nazionale

Paolo Rossi
Il tecnico Enzo Bearzot (Getty Images)

La Juventus volle acquistarlo ugualmente. Squalifica o non squalifica, si trattava pur sempre di un campione, e la società questo lo sapeva bene. Rossi si allenò così per ben due anni insieme agli uomini del presidente Boniperti, senza mai ovviamente entrare in gioco. Il suo ritorno in campo era programmato per l’aprile dell’82, ma si beccò un mese extra di squalifica per aver detto che il processo sportivo in cui era stato coinvolto era «una buffonata».

Il suo ricorso fu fortunatamente accolto dalla commissione d’appello federale e, quando Rossi finalmente riuscì a tornare in campo, ai Mondiali non mancavano che una manciata di giorni. Il tecnico della Nazionale Enzo Bearzot non esitò neanche per un attimo: lo volle con sé a tutti i costi e lo convocò, tagliando fuori altri calciatori che, sulla carta, erano certamente più in forma di un attaccante che era rimasto lontano dal campo per due anni.

Bearzot decise quindi di scommettere su Rossi, in barba alle critiche che gli piovvero addosso. Continuò a credere nel “suo” Paolo sempre e comunque, anche dopo le prestazioni non proprio eccellenti nelle prime tre partite. E c’aveva visto giusto, visto e considerato che, alla fine, fu eletto capocannoniere del Mondiale con ben sei gol realizzati durante un torneo che i calciofili italiani non dimenticheranno mai.

Impostazioni privacy