Sinner, più bastone che carote: il problema vero non è Jannik

Sinner, stampa e social scatenati dopo la sconfitta subita a Roma dall’altoatesino. Piovono critiche sul numero 1 d’Italia.

Non v’è dubbio sul fatto che l’Italia del tennis stia vivendo una delle epoche più floride da qualche decennio a questa parte. Basti dire che in top 100 ci sono ben 5 azzurri e che 3 di loro, addirittura, figurano tra i primi 20 giocatori al mondo. Avere così tante punte di diamante, diciamocelo, non è da tutti.

Sinner, più bastone che carote: il problema vero non è Jannik
IlVeggente.it (LaPresse)

E va da sé che gli appassionati del Bel Paese volessero che a trionfare sulla terra del Foro Italico fosse proprio uno di loro. Ma le cose, si sa, non vanno sempre come vorremmo. Il fatto che nessuno dei nostri beniamini abbia vinto il Masters 1000 di Roma nulla toglie, però, al loro talento e ai meriti che è doveroso riconoscer loro. Accade troppo spesso, invece, che ci si dimentichi in fretta e furia degli straordinari risultati che ognuno di loro ha collezionato nel corso degli anni. Si pensi a Matteo Berrettini, ad esempio, osannato dopo la finale di Wimbledon e poi sbeffeggiato per via delle sconfitte subite e degli infortuni che, suo malgrado, ha rimediato.

Ma si tende ad usare il bastone, più che la carota, anche nei confronti di Lorenzo Musetti: seppur si dicano meraviglie sul suo conto e sul suo stile di gioco, il fatto che sia poco continuo a livello di vittorie fa di lui, automaticamente, un inconcludente. Come se di anni ne avesse 50 e non 21 e gli mancasse il tempo per crescere e diventare ancor più grande.

Per non parlare di Jannik Sinner, poi. Quando c’è lui di mezzo, è un po’ come andare sulle montagne russe. Il popolo dei social, e con esso la stampa e in generale i media, non è mai stato clemente nei riguardi dell’altoatesino. Non può compiere un passo falso, il numero 1 d’Italia, che subito viene sommerso da critiche e additato come un giocatore deludente ed incapace di raggiungere le vette cui pure ambisce. Per poi essere nuovamente esaltato l’istante dopo quando, magari, riesce nell’impresa di battere un top ten. Un atteggiamento, per così dire, un po’ borderline.

Sinner, dalle carote in mezzo al pubblico al bastone della stampa

La sua eliminazione agli ottavi di finale degli Internazionali d’Italia non ha fatto altro che fomentare ulteriormente i suoi detrattori. La stampa sportiva è stata molto severa nei suoi riguardi, al punto da insinuare che il salto di qualità che tutti si aspettano da lui potrebbe non arrivare mai. Manco ci fossero dei tempi prestabiliti entro i quali un atleta debba “saltare”.

Sinner, più bastone che carote: il problema vero non è Jannik
IlVeggente.it (LaPresse)

Ma siamo proprio sicuri che bacchettarlo così sia cosa buona e giusta? Non lo si dovrebbe forse sostenere, in questi momenti, anziché puntargli il dito contro e chiedergli come abbia potuto perdere contro un avversario come Francisco Cerundolo, che tanto mediocre come dicono poi non è? Pensate forse che gli spagnoli abbiano voltato la faccia a Carlos Alcaraz quando, qualche giorno fa, un illustre sconosciuto (Fabian Marozsan, ndr) lo ha sbattuto fuori dal Foro Italico? No, non è successo. Ed è vero che l’iberico ha certamente dimostrato di più e collezionato successi ben più rilevanti di quelli che compongono il palmares di Sinner. È altrettanto vero, però, che mettere a confronto due talenti così diversi è un’operazione che lascia il tempo che trova.

Gli atleti non possono crescere e maturare alla stessa velocità. Ognuno lo fa a modo suo. Alcaraz è stato precoce in tutto, è vero, ma Jannik ha pur sempre 21 anni e tutto il tempo del mondo per esplodere. Perché questa fretta? Perché non gli si può dare semplicemente fiducia ed attendere pazientemente che il talento che ha sempre mostrato di avere faccia il suo corso? È sacrosanto, per carità, riporre le proprie aspettative e i propri sogni di gloria in un giocatore così promettente, ma il problema di fondo potrebbe essere proprio questo. È giusto che Sinner rispetti i suoi, di tempi, non quelli della sua tifoseria, che si veste da carota in onore dei suoi capelli per poi afferrare il bastone, però, al primo risultato deludente.

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