Jannik Sinner, adesso lo sanno tutti: è con lei che il campione altoatesino trascorre le sue giornate, l’indiscrezione ha fatto il giro del web.
C’è chi dice che campioni si nasce. E poi c’è chi, invece, sostiene con fermezza la tesi secondo cui non è vero che si tratta di una questione genetica e che la leadership sia solo ed esclusivamente il frutto di tanti sacrifici e di tanto, tantissimo, lavoro. Jannik Sinner, probabilmente, ha sia un talento innato che una forte – si provi a dire il contrario – devozione al lavoro. Una combo micidiale che ha prodotto, in tempi relativamente brevi, un exploit di quelli che faremo fatica a dimenticare.
Non è il solo, naturalmente, ad avere insita in sé la mentalità che appartiene solo ai campioni degni di questo nome. E non bisogna andare troppo lontano per scovare un tennista che, esattamente come lui, ha costruito la sua vita intorno alla sport del quale si è follemente innamorato in tenera età. Marco Panichi, in questo senso, ha le idee chiarissime. Sa bene a chi somiglia il suo nuovo pupillo, l’attuale numero 1 del mondo, e ne ha parlato proprio qualche ora fa al podcast Tressessanta, condotto da Virginia Gambardella.
Prima di approdare alla corte di Jannik, il preparatore atletico lavorava, come si ricorderà, con Novak Djokovic. Alla luce dell’esperienza maturata al suo fianco ha evidenziato, dunque, come l’altoatesino e il serbo si somiglino, sebbene abbiano due caratteri radicalmente diversi.
Sono simili, come ha evidenziato Panichi, sotto il profilo del rapporto con se stessi e con lo sport. Perché sono due stacanovisti, perché non c’è nulla, né per l’uno e né per l’altro, che sia più divertente che giocare a tennis.
“Novak era uno che viveva di tennis per ventiquattr’ore – ha detto il preparatore atletico al podcast – Jannik è la stessa cosa. Anche se in maniera differente. Sinner è uno che vive per il tennis, è competitivo anche negli allenamenti. Si diverte così. I grandi campioni sono tutti così: sono tutte persone che si divertono facendo quello che gli piace. Poi, naturalmente, dipende dai momenti. Ma dietro c’è sempre il piacere di competere…”.
È con lei, dunque, con la sua inseparabile racchetta, che se la spassa il fenomeno altoatesino. Ventiquattr’ore su ventiquattro, trecentosessantacinque giorni su trecentosessantacinque. Che non sia proprio questo a differenziare un “semplice” tennista da un campione destinato a fare la storia?
Questo contenuto è stato modificato 25 Marzo 2025 17:22
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