Cosa ha dato Zidane da allenatore al Real Madrid

Questo articolo è stato pubblicato pochi giorni prima della finale di Champions League 2016-2017, poi vinta dal Real Madrid 4-1 contro la Juventus. Molte delle considerazioni fatte in quella occasione sono valide ancora oggi e, in alcuni casi, sono state avvalorate e rafforzate dagli sviluppi successivi.

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In caso di vittoria della Champions League da parte del Real Madrid, Zinedine Zidane diventerebbe il primo allenatore a vincere questa competizione per due anni di fila. Una tattica di gioco molto efficace ma poco spettacolare, una serie di circostanze oggettivamente favorevoli alla sua squadra e forse anche una sua connaturata inclinazione al basso profilo hanno in parte celato i meriti e le qualità del suo lavoro da allenatore al Real. Che però ci sono, e anche piuttosto rilevanti.

Come gioca il Real Madrid di Zinedine Zidane
Zinedine Zidane in una foto del 2013 (Wikipedia)
Zinedine Zidane, uno dei calciatori più forti e vincenti della storia, ha in pochissimo tempo ottenuto anche da allenatore successi che ancora mancano a molti allenatori più navigati di lui, che è un allenatore professionista da solo tre anni. Dopo una Champions League vinta nel 2014 da viceallenatore di Carlo Ancelotti al Real Madrid – e un successivo anno da allenatore del Castilla (la squadra B del Real Madrid) – nel 2016 Zidane ha vinto un’altra Champions League con il Real Madrid, stavolta da primo allenatore, al termine di una stagione per lui cominciata soltanto a gennaio, quando era stato chiamato per sostituire l’esonerato Rafael Benitez. Quest’anno ha vinto il titolo della Liga spagnola – un successo che mancava dalla stagione 2011-2012 – e battendo il Barcellona ha contribuito a indebolirne ulteriormente una reputazione dai tratti mitologici ma ormai alquanto illanguidita.

A causa di uno stile di gioco poco propositivo e per nulla innovativo – e forse anche a causa dell’ineliminabile stridore latente tra le sue memorabili qualità da giocatore e il suo attuale approccio, risoluto e “ordinario”, alla preparazione e gestione tattica delle partite – la carriera di Zinedine Zidane da allenatore non è finora stata accompagnata dagli apprezzamenti generalmente rivolti agli allenatori capaci di vincere così tanto in così poco tempo. Eppure, forse proprio in virtù della sua sostanziale inesperienza da allenatore e della sua riconosciuta umiltà, Zidane ha finora avuto un merito “banale” ma sconosciuto a molti suoi predecessori: non ha fatto danni a una squadra di fenomeni.

L’umiltà come grimaldello

Molti dei giocatori che fanno parte della rosa attuale del Real Madrid appartengono a una generazione cresciuta al tempo in cui Zidane era più o meno unanimemente considerato – al pari solo di Ronaldo Luis Nazario de Lima – il giocatore più forte al mondo. La sua formidabile storia da giocatore gli ha permesso di cominciare a occuparsi di calcio negli spogliatoi del Real Madrid – già da vice di Ancelotti – con un’autorevolezza e una credibilità qualitativamente diverse non soltanto da quelle che a Madrid non sono mai state riconosciute a Rafa Benitez, ma persino diverse da quelle che lo stesso José Mourinho era riuscito a mostrare durante le sue due non facili stagioni alla guida del Real.

Zidane – forte anche della stima che nutre per lui il presidente Florentino Perez – ha beneficiato di questa sorta di riverenza collettiva per ottenere dalla squadra un impegno e un’attenzione necessari a qualsiasi giocatore della rosa, Ronaldo incluso, per mantenere standard che non apparissero insufficienti a uno come Zidane, che a calcio ha giocato per anni meglio di qualsiasi altro giocatore dei suoi tempi, appunto. La misura della sua lungimiranza è data dall’umiltà con cui si è da subito rapportato con i giocatori: non con la reputazione di grande allenatore, pieno di soluzioni pronte e incrollabili certezze, ma con quella – probabilmente più utile, a questo Real – di uno che a calcio ci sa discretamente fare ma che ad allenare ha molto da imparare.

«Zizou è stato in grado di applicare l’umiltà e il talento che aveva da giocatore anche nella gestione dello spogliatoio», ha detto di recente il centrocampista Luka Modric.

La licenza di predicar bene

L’apprezzamento diffuso di cui gode da parte di tutti i giocatori della rosa (oltre che della dirigenza) ha più volte permesso a Zidane di rivolgersi a tutti, indistintamente, senza alcuna preoccupazione del rango del suo interlocutore, e senza alcun timore di alterare le gerarchie interne del gruppo. Per esempio: se Cristiano Ronaldo sbaglia posizione – e qualche volta gli capita, in fase di non possesso – Zidane non ha difficoltà a dirglielo e, soprattutto, non ha difficoltà a farsi seguire.

C’è anche un altro vantaggio fondamentale nella gestione della squadra da parte di Zidane: la sua familiarità con tutto l’ambiente. Fin da quando fu ceduto dalla Juventus nel 2001, Zidane non ha mai più avuto incarichi professionali lontano da Madrid. Terminata la sua carriera da giocatore alla fine del Mondiale del 2006, nel 2010 Zidane ricevette direttamente da Mourinho, nuovo allenatore del Real, la proposta di ricoprire un ruolo che lo tenesse a contatto con la squadra. Dal 2011 al 2012 è stato il direttore sportivo (incarico che non ha mai mostrato di gradire particolarmente), prima di diventare vice di Ancelotti nel 2013.

È stata probabilmente quella esperienza con Ancelotti ad aver reso costante e forse persino rassicurante la presenza di Zidane negli spogliatoi, come se in un certo senso non avesse mai smesso di giocare. Questa sua dimestichezza è a volte di grande aiuto per la squadra, quando c’è da risolvere situazioni apparentemente complicate da gestire o, in generale, in tutte quelle circostanze in cui è richiesto un discorso convincente e credibile. Un esempio recente: prima dei tempi supplementari nella partita di ritorno dei quarti di finale contro il Bayern Monaco.

Il ruolo di Casemiro

Rispetto ai suoi più recenti predecessori al Real Madrid, Zidane non ha cambiato modulo di riferimento, che è ormai da diversi anni un 4-3-3 più o meno stabile con Ronaldo, Bale e Benzema molto liberi di muoversi in attacco (ma il gallese in questa stagione ha saltato quasi più partite di quante ne abbia giocato, a causa di continui infortuni). Il principale merito che viene riconosciuto a Zidane è quello di aver dato a Casemiro una maglia da titolare e un ruolo fondamentale nel trio di centrocampo con Kroos e Modric: tra i tre, è il brasiliano il giocatore con maggiori responsabilità in fase di non possesso.

Rimanendo stabilmente a guardia della difesa, Casemiro ha funzioni di sostegno aggiuntivo in fase di impostazione – generalmente guidata da Kroos – e di intervento immediato nei casi, non infrequenti, in cui il Real perde il pallone a centrocampo. Tra tutti i centrocampisti del campionato spagnolo – con almeno venti partite giocate in questa stagione – Casemiro è quello con il più alto numero di tackle compiuti sugli avversari. Questa sua posizione ha reso la difesa sia più solida nella parte centrale sia, indirettamente, più resistente sulle fasce, dove Carvajal a destra e Marcelo a sinistra possono giocare con maggiore ampiezza e senza il timore costante di dover accentrarsi a dare una mano a Sergio Ramos e Varane.

Paradossalmente, Casemiro è un punto di forza ma anche una debolezza per il Real Madrid. È un giocatore con grande senso della posizione ma, proprio per la posizione che occupa, anche molto esposto al rischio di compiere errori individuali decisivi o falli da ammonizione. I suoi pregi e i suoi difetti sono, in sostanza, tutti quelli che è immaginabile attribuire a un buon calciatore incaricato di ricoprire il ruolo da “operaio” in una squadra di grandissimi talenti.

Crossare tanto, crossare sempre

Il Real Madrid di Zidane è una squadra che mette tantissimi cross in area di rigore, sia bassi che alti. Dopo Casemiro – e dopo Isco – il giocatore che ha mostrato i maggiori progressi individuali in queste ultime due stagioni è stato l’altro brasiliano, Marcelo, forse uno dei terzini più sottovalutati al mondo. Tra tutte le squadre dei principali campionati di calcio d’Europa, il Real Madrid è con distacco quella che ha compiuto più tiri di testa (133) e più gol di testa (27), e una parte di quei gol sono anche evidentemente merito dei dieci assist di Marcelo. Quando il suo contributo non è così statisticamente evidente, tra l’altro, lo è comunque sul piano del gioco dal momento che è un giocatore in grado di creare superiorità numerica.

Il lavoro di Zidane si è di conseguenza concentrato anche sul miglioramento delle prestazioni della squadra sui calci piazzati, da cui il Real Madrid ha tratto in questa stagione 22 gol (il 21 per cento del totale). Si calcola che da questo tipo di situazione di gioco fermo il Real in campionato abbia ricavato otto punti (ha vinto il titolo con tre punti di vantaggio sul Barcellona).


Il gol orrendo del vantaggio del Real Madrid contro l’Atletico nella finale di Champions League della passata stagione

Quella della forza aerea è una qualità che il Real Madrid possiede già da tempo – Bale è stato l’anno scorso il calciatore ad aver segnato il maggior numero di gol di testa tra tutti i giocatori dei principali campionati d’Europa – e Zidane è forse l’allenatore che finora si è maggiormente preoccupato di predisporre la squadra in moda da sfruttare questa forza. In un certo senso, è come se la presenza nella rosa di due centrocampisti centrali eccezionali come Modric e Kross – e anche quella di sostituti tecnicamente validissimi come Isco e James Rodriguez – avesse indirettamente dissuaso i predecessori di Zidane dal praticare un gioco basato sui cross e sullo sviluppo delle azioni sulla fasce.

La panchina migliore del mondo

Un altro merito largamente riconosciuto a Zidane in questa stagione è quello di aver saputo gestire la squadra sul piano atletico, tramite cambiamenti e rotazioni molto frequenti – e straordinariamente efficaci – nella formazione titolare. Guardando la rosa del Real Madrid – inclusa la panchina, probabilmente la migliore al mondo – sembrerebbe un compito piuttosto facile. Cosa non è facile per niente è convincere giocatori come Cristiano Ronaldo e Benzema ad andare qualche volta in panchina per il bene della squadra, e Zidane è l’unico che è riuscito a farlo senza alienarsi la stima dei giocatori, inclusi quelli che in panchina ci hanno passato praticamente tutta la stagione (James Rodriguez, per esempio).

Nel gruppo di sostituti di grande talento Isco è probabilmente l’unico a essersi ritagliato un ruolo da titolare, coprendo un “buco” lasciato in campo da Bale, a lungo infortunato. Il gruppo di calciatori che comprende Isco, Alvaro Morata, Mateo Kovacic, James Rodriguez e Marco Asensio – generalmente ritenuti giocatori di riserva – sono stati in grado di segnare complessivamente 33 gol nel campionato che si è da poco concluso. Era dalla stagione 2009-2010 che Cristiano Ronaldo non giocava così pochi minuti in campionato: da marzo scorso, pur essendo il Real pienamente in lotta per il titolo, ha saltato quattro partite di campionato per intero.

Ma è forse proprio grazie a questa lungimirante gestione di Zidane che il portoghese è riuscito ad arrivare a questo punto della stagione in grandissima forma (14 gol nelle ultime nove partite, tra cui gli 8 gol complessivi segnati nella semifinale contro l’Atletico Madrid e nei quarti contro il Bayern Monaco). Di solito, a questo punto della stagione, ci arrivava o infortunato o comunque come uno dei calciatori con più minuti di gioco nelle gambe (alla trentaquattresima giornata del campionato scorso era in assoluto il calciatore della Liga spagnola ad aver giocato di più).

Descrivendo la sua esperienza da allenatore al Real Madrid, recentemente Zidane ha detto: «La cosa più importante è che ho a disposizione 24 giocatori, e devono essere contenti tutti e lavorare duramente tutti. E io devo occuparmi di questo, di cosa pensano, di come migliorare le cose. Gestire un gruppo non è facile ma è una parte di questo lavoro che mi piace molto».

 

 

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